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ASSOCIAZIONE STORICA
CAPRANICHESE
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ABSTRACT DEGLI INTERVENTI DEL
CONVEGNO
Memoria,
Storia e Vissuto. Il Patrimonio di San Pietro in Tuscia e
l'esperienza di Vittorio Emanuele Giuntella
Capranica 17 - 18 -
19 aprile 1998
Castello degli Anguillara - Sala
Nardini
VITERBO NEL DIPARTIMENTO
DEL TEVERE: ASPETTI DELLA VITA SOCIALE ED
AMMINISTRATIVA (Prof. Bruno BARBINI)
Il periodo che va
dall'inserimento della Tuscia nella repubblica
"giacobina" instaurata dopo la
deportazione di Pio VI al definitivo ritorno a
Roma del suo successore, se si eccettuano i
capitoli ad esso dedicati nelle trattazioni di
carattere generale, come le opere di Giuseppe
Signorelli, non è stato finora studiato così
dettagliatamente come è invece avvenuto per
altri momenti della storia locale. Un prezioso
contributo alla conoscenza di quegli anni è
stato offerto dal Convegno su "La Tuscia
nell'età giacobina e napoleonica", tenuto
nel maggio del 1987 a Ronciglione (una città che
ebbe a soffrire particolarmente le conseguenze
della presenza francese nel territorio), ed al
quale il Prof. Giuntella dette un suo prezioso
contributo, come relatore e coordinatore.
Gli atti di quel
Convegno vennero successivamente pubblicati in un
fascicolo di "Archivi e cultura", che
ne ha dedicato un altro, nel 1992, ad un più
ampio panorama del periodo, esaminando le vicende
della "Repubblica Romana tra giacobinismo e
insorgenza"; in questo volume è inserito un
mio saggio: "Note di vita viterbese nel
biennio repubblicano (1798-1799)" , in cui
vengono esaminati gli atti dell'Amministrazione
Comunale, con particolare riguardo ai rapporti
con le truppe di occupazione, all'organizzazione
della guardia civica, all'effettuazione di opere
di pubblica utilità.
Il contributo che
sto predisponendo per il prossimo Convegno vuole
essere una prosecuzione di quel discorso,
attraverso un'analisi dei documenti relativi agli
anni in cui Viterbo con il suo territorio, dopo
la crisi fra Napoleone ed il Papato che si era
conclusa con l'arresto e la deportazione di Pio
VII, era stata inserita nell'Impero Francese,
come circondario del Dipartimento del Tevere,
perdendo per la prima volta, anche se per pochi
anni, la dignità di capoluogo di provincia (un
fatto che si ripeterà, e per un periodo di tempo
ben più lungo, in conseguenza, del passaggio del
Patrimonio di San Pietro in Tuscia dalle ceneri
dello Stato Pontificio al neocostituito Regno
d'Italia).
La principale fonte
per la vita e l'attività delle magistrature
cittadine è tradizionalmente costituita dai
libri Delle Riforme; ed a questo proposito va
notato che - come spesso avviene quando si vuole
cancellare anche la memoria di una parentesi
politica considerata negativamente, e verso la
quale si prova un senso di totale rifiuto - la
successione dei verbali di delibere, nel volume
che inizia nel 1804, salta direttamente dal 1810
al 1814, con l'annuncio dell'ingresso del nuovo
governo pontificio a Roma, la notizia del
manifesto promulgato da Pio VII il 4 maggio e
l'arrivo a Viterbo, sei giorni dopo, di Mons.
Tiberio Pacca, il cui primo atto come Delegato
Apostolico fu la nomina della "provvisoria
magistratura".
Gli atti del
periodo incriminato sono, invece, compresi in un
volume a parte; e questi, insieme ad altri
documenti di quegli anni (come, ad esempio,
quelli compresi nel Letterario) costituiranno la
base della mia relazione.
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VITA ECONOMICA SOCIALE E
POLITICA A TUSCANIA NEGLI ULTIMI DECENNI DEL
SETTECENTO (Giuseppe Giontella)
L'intervento vuole
delineare una sintesi degli ultimi decenni del
Settecento vissuti nella cittadina di Tuscania.
L'Amministrazione
comunale è in mano a poche famiglie, che
costituiscono il "Patriziato
Toscanese". Viene evidenziata la situazione
dell'agricoltura, scarsamente produttiva a causa
del latifondo. Un panorama chiaro sulla
situazione dell'agricoltura è fornito dalla
"Relazione" di un "visitatore
apostolico", inviato a Tuscania nel 1761
dalla Sagra Congregazione del Buon Governo. Un
certo spazio e dedicato all'analisi che il
visitatore, mons. Diomede Casimiro Caraffa di
Colobrano, compie sulla decadenza dell'Arte
agraria e sui suggerimenti che propone,
tipicamente fisiocratici.
Successivamente il
Caraffa analizza la corruzione nella gestione
della cosa pubblica.
Segue una breve
panoramica sulle entrate e le uscite del comune
di Tuscania.
Una breve nota è
dedicata agli aspetti della vita culturale locale
(accademia degli Aborigeni - Colonia Tuscana).
Si mette in
evidenza il fatto che le nuove idee
illuministiche (libertà, uguaglianza) non
potevano toccare minimamente un centro periferico
come Tuscania.
Infine illustro i
riflessi della Prima repubblica Romana nel
Cantone di Toscanella sotto l'aspetto economico.
Chiudo narrando un fatto d'arme avvenuto durante
l'abbandono della Repubblica da parte delle
truppe francesi nell'agosto 1799.
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Aspetti diversi di una "feudalità
comunale" nella provincia del
Patrimonio. Barbarano e Vitorchiano nei documenti
dell'Archivio Storico Capitolino.
(Angela Montano e
Carla Ferrantini ) E' fatto ormai acquisito
nella storiografia più recente che ne il ritorno
a Roma della sede pontificia dopo il periodo
avignonese, ne la riorganizzazione statuale
voluta da Sisto V, abbiano avuto la forza di
appiattire la vita politica e culturale della
città ed esautorarne completamente gli organi di
governo locale.
Se è innegabile
che a partire del XVI secolo ebbe inizio un
processo di centralizzazione che finirà per
avvicinare il "Patrimonio di san
Pietro" agli altri territori italiani
soggetti a monarchie dinastiche, è stato
sottolineato da più ricerche che questo processo
non fu privo di ripiegamenti e non fu omogeneo
per tutto il territorio dello Stato Pontificio.
Pertanto si e
pensato potesse risultare interessante analizzare
la relazione che la Camera Capitolina ebbe con
alcune località ad essa soggette, denominate
"Terre del Popolo Romano", e le
modalità di gestione dei rapporti economici e
sociali. Esse, per il periodo preso in esame,
rappresentavano un residuo di più ampi
possedimenti sorti in un'epoca altomedioevale
permeata a tutti i livelli di valori feudali che,
nella capitale dello Stato Pontificio, erano
andati arricchendosi e complicandonsi con il
desiderio di far rivivere la tradizione delle
antiche istituzioni della Roma repubblicana.
Si è prima di
tutto iniziata una ricognizione nei fondi
archivistici che contengono documenti relativi ai
cosiddetti "Feudi del Popolo Romano":
per la parte antica (fino al 1847) la Camera
Capitolina, utilizzando le Rubriche iniziate
dall'archivista Francesco Maria Magni nel 1736 e
l'inventario topografico redatto da Giuseppe
Coletti nel 1902 e, per quella moderna, gli
inventari del "Titolo 14 Cessata Camera
Capitolina", dell'Archivio del Comune
Pontificio (1847 - 1870) e dell'Archivio Generale
(1870 -), in corso di pubblicazione. Si e
proceduto, in tal modo, alla visione degli
statuti e dei catasti, delle risoluzioni della
Congregazione de' Feudi, degli atti della
Congregazione Economica, delle tabelle di entrata
ed uscita delle curie locali e della Camera
Capitolina, relative alle comunità di Barbarano
e Vitorchiano, uniche due realtà collocate
geograficamente nella provincia di Patrimonio,
oggetto del presente convegno.
L'analisi del tipo
di documentazione rinvenuta ha indirizzato la
nostra ricerca verso due aspetti diversi
caratterizzanti le due comunità rilevando le
specificità di ognuna nei suoi rapporti con la
Camera Capitolina; la constatazione della
sopravvivenza di aspetti difformi della
feudalità, che si evidenziano nei diversi modi
con cui di fatto si attuavano i rapporti con
l'amministrazione centrale a seconda della
specificità e delle abitudini, usi e privilegi
di cui godeva ciascuna comunità, si inserisce
nel quadro dell'organizzazione
dell'amministrazione pubblica attuato poi da Pio
VII con il motu proprio del 6 luglio 1816 che,
pur nell'intento di uniformare l'assetto
istituzionale in tutto lo stato appartenente alla
Santa Sede, non trascurava di adattarlo alle
realtà locali tenendo conto delle specificità
dei diversi domini.
Per quanto riguarda
Barbarano il periodo storicamente esaminato va
dal secolo XVII all'età della Restaurazione; in
particolare si sofferma l'attenzione sulla
gestione del suo territorio, sui diritti che la
Camera Capitolina vantava sulle terre, quali si
desumono dalle disposizioni statutarie,
dall'analisi dei tre catasti del 1605, 1698 e
1744, e dalla natura e qualità delle prestazioni
e livelli che i possessori corrispondevano alla
Camera stessa. Dalla documentazione esaminata
appare evidente che la Camera Capitolina
esercitava il dominio diretto, riservando ai
possessori il solo dominio utile; la presenza di
tre catasti, in un arco di tempo di circa 150
anni, fa pensare inoltre ad una costante
preoccupazione da parte dei Conservatori, di
avere continuamente chiara la situazione dei
territori e dei loro confini, nonché lo stato
delle prestazioni e delle risposte ai quali erano
tenuti i possessori. Relativamente ai rapporti
interni della Comunità si rileva come in alcuni
periodi questa godesse di una certa autonomia
nella gestione delle entrate e di un potere
decisionale autonomo da Roma, come si evince da
diversi capitoli di affitto dei proventi
comunitativi.
Rispetto a
Vitorchiano, non essendo stata rinvenuta
documentazione relativa alla gestione del
territorio che potesse rappresentare un nucleo
omogeneo e qualitativamente rappresentativo, si
è preferito analizzare l'esercizio del potere
giurisdizionale da parte dei Conservatori in
questo feudo ed il suo intrecciarsi con un
particolare rapporto denominato
"fedelato", che diede origine, fin dai
tempi più remoti, ad un contenzioso tra le due
comunità, coinvolgendo anche vari organi
statali, nella difficile definizione delle
competenze .
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Comunità dell'Alto Lazio
tra rivoluzione e restaurazione: l'impatto
socio-economico dei transiti di truppe tra il
1796 ed il 1815 (Antonio Quattranni) L'intervento, come è detto
nel titolo, si propone di presentare un'analisi
degli effetti dal punto di vista economico e
socio-politico dell'impatto che hanno avuto i
continui transiti di truppe nell'Alto Lazio
durante il periodo giacobino e napoleonico fino
alla Restaurazione.
Partendo da
considerazioni generali sulla trasformazione sia
militare sia della natura degli eserciti avvenuta
a cavallo tra XVIII e XIX secolo, soprattutto in
conseguenza della rivoluzione francese, con
riferimento anche ad una rapida ricognizione
della storiografia (relativamente all'Italia
centro-meridionale e particolarmente riguardante
il Viterbese)sugli aspetti inerenti le vicende
politico-militari del periodo trattato, il
discorso affronterà in maniera più analitica
l'argomento attraverso la presentazione di
documentazione d'archivio inedita inerente il
tema dell'intervento.
E' ben noto (ad es.
attraverso l'opera di Signorelli) che
l'occupazione dello Stato Pontificio comportò
anche per Viterbo e altre comunità della Tuscia
pesanti oneri per lo "stato di guerra"
in cui si vennero a trovare, ma una ricostruzione
dettagliata ed un esame specifico di tali costi
non sono stati ancora effettuati. Alcune notizie
sono fornite dal Signorelli, ma in riferimento al
solo capoluogo: nell'intervento si proporrà una
più ampia indagine che avrà per cardine la
situazione relativa all'asse costituito dai
centri che si trovano sulla Cassia
(Acquapendente, Bolsena, Montefiascone e Viterbo)
che per ovvie ragioni costituì un canale di
transito fondamentale. Inoltre si farà
riferimento ai rapporti di questi centri con le
altre comunità della provincia che più o meno
direttamente furono coinvolti dai transiti di
truppe. Si delineerà quindi un profilo della
provincia del Patrimonio in condizioni di
"economia di guerra" e si affronterà
la vicenda del risarcimento dei danni protrattosi
per anni a causa di lungaggini burocratiche e
difficoltà economiche generali.
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Per una storia
archivistica capranichese (Piero Santoni) Dalla meta degli anni '70,
il Centro Maria Loreta di Capranica si cominciò
ad occupare, sotto la guida di Vittorio Emanuele
Giuntella, del recupero della memoria storica
locale. In quest'ottica rientrano i vari lavori
dedicati alle vicende capranichesi, tra i quali
è d'obbligo ricordare quello sulla Resistenza
che ha visto in Giuntella il coordinatore ed il
punto di riferimento, avendo com'è noto vissuto
egli in prima persona l'esperienza della guerra.
Ma l'opera del Centro non si ferma alle sole
pubblicazioni; infatti furono proprio i suoi
componenti che per primi iniziarono una
schedatura sia pur sommaria del materiale
dell'archivio storico comunale, ed, anche se di
tale lavoro non è rimasta traccia, rimane pur
sempre il fatto che quello costituì il primo
tentativo di riordinamento.
La fine degli anni
'70 vide il salvataggio dell'archivio notarile
che versava in condizioni disastrose a causa
dell'insalubrità dei locali ove era conservato:
Per merito di Alberto Porretti questo fu versato
all'Archivio di Stato di Viterbo, e fu lo stesso
Porretti che provvide all'ordinamento ed alla
stesura dell'inventario, di cui si conserva copia
presso l'archivio storico comunale.
Ai primi degli anni
'80, il Centro Ricerche per la Storia dell'Alto
Lazio coordinò un ulteriore intervento
sull'archivio storico comunale, ma neanche di
questo rimane alcuna traccia, tanto che la
Regione Lazio - la quale aveva stanziato
nell'ambito del II Piano Triennale per il
riordinamento degli archivi storici comunali, una
cifra necessaria per il completamento del lavoro
- si è vista costretta a considerare l'archivio
comunale capranichese come da riordinare
completamente e ad intervenire di conseguenza con
un secondo finanziamento ad integrazione di
quello già previsto. Il lavoro di riordinamento
dell'archivio storico comunale si e svolto tra il
1992 ed il 1994 ed è stato concluso con una
manifestazione per la sua valorizzazione svoltasi
nell'autunno dell'anno successivo. Tale
manifestazione ha visto l'allestimento di una
mostra documentaria imperniata su alcuni momenti
salienti della storia capranichese e la
pubblicazione di un volume su Capranica
Medioevale, in cui sono stati messi in luce
alcuni percorsi di ricerca storica da condurre
sulla documentazione dell'archivio comunale e
dell'archivio notarile.
Ma la
documentazione storica di Capranica non si ferma
agli archivi comunale e notarile. Vi sono infatti
almeno tre confraternite che conservano carte a
partire dal secolo XVI (a tal proposito si fa
presente che nel 1995 è stato effettuato il
riordinamento dell'Archivio di S. Maria delle
Grazie), interessantissime ai fini della storia
sociale e religiosa del paese. Inoltre si segnala
che la Parrocchia di S. Giovanni Evangelista
possiede un archivio ricchissimo ove sono
conservati i registri parrocchiali a partire
dagli anni immediatamente successivi al Concilio
di Trento. Tale Archivio è in fase di
riordinamento ormai avanzata e presto sarà
disponibile al pubblico.
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Poveri e istituzioni di
assistenza a Viterbo tra i pontificati di
Benedetto XIV e Pio VI (Mario Tosti) Tra la fine del pontificato
di Clemente XII e l'avvento al soglio di
Benedetto XIV, prende forma, in alcuni territori
dello Stato della Chiesa, un ampio progetto di
riforma dell'assistenza. Pensato, in un primo
momento, per alleggerire il flusso dei bambini
abbandonati dalla periferia verso l'ospedale S.
Spirito in Sassia, che a causa di tale peso
versava ormai in condizioni non più tollerabili,
il disegno, per l'impulso a esso dato dal
visitatore e commissario apostolico Martino
Innico Caracciolo, assume i contorni di un
radicale intervento finalizzato non solo a
diminuire il carico assistenziale verso Roma ma a
razionalizzare e a disegnare un nuovo ordinamento
del sistema assistenziale nei territori del
Patrimonio, di Orvieto, di Perugia, dell'Umbria,
della Sabina, di Marittima e Campagna.
L'intervento vuol
mettere in luce la situazione di Viterbo,
esaminandone 1a realtà sociale ed economica in
relazione al sistema caritativo assistenziale. La
comunità di Viterbo, verso 1a metà del
Settecento, presenta tutte le caratteristiche di
una cittadina di provincia dell'arretrato Stato
della Chiesa; circa la metà della popolazione
viveva in condizioni di indigenza, aggravate
dalle ricorrenti carestie e da eventi eccezionali
come i passaggi o l'acquartieramento di truppe
straniere in seguito alle guerre di successione.
Per fronteggiare la miseria e la malattia, la
città presentava un articolato sistema di
protezione sociale, dove l'iniziativa pubblica e
privata convivevano e si intersecavano, secondo
un modello tridentino, coordinato dall'autorità
vescovile, costruito per rispondere in modo
diversificato alle nuove povertà generate dalla
disgregazione del tradizionale sistema
corporativo delle arti.
Su questo tessuto
incide profondamente la riforma attuata dal
visitatore apostolico Caracciolo che non solo
istituì il brefotrofio di S. Francesca Romana ma
operò con una sistematicità e un'organicità
tali da ridisegnare complessivamente il volto del
sistema assistenziale della città. In questa
prospettiva, l'intervento tenterà di fornire un
quadro complessivo della nuova organizzazione,
verificata e perfezionata dai successori del
Caracciolo, i visitatori Castelli, Conti e
Carrara, con provvedimenti e decreti atti a
sostenere finanziariamente le strutture e a
regolamentarne la vita interna e l'
organizzazione.
Un tentativo di
collegare le vicende della comunità di Viterbo
al problema più generale di individuare e
valutare i percorsi della politica assistenziale
dello Stata della Chiesa in un periodo carico di
fermenti e di attese di rinnovamento.
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